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Andrea Gavosto interviene su La Repubblica a proposito delle polemiche sul piano straordinario di mobilità dei docenti

Molti insegnanti di ruolo che hanno chiesto il trasferimento a un’altra sede dovranno muoversi da Nord a Sud per trovare un posto disponibile. E’ da tempo che ciò accade, ma quest’anno le polemiche sono particolarmente accese. La procedura straordinaria di mobilità prevista per l’a.s. 2016-2017 sta, infatti, generando proteste e centinaia di ricorsi; i sindacati sostengono che l’algoritmo usato dal Miur per gestire il meccanismo è oscuro ed è stato applicato male, così da generare errori.

Andrea Gavosto interviene su La Repubblica, argomentando che l’elevatissimo numero di trasferimenti richiesti quest’anno (circa 200mila, quasi il doppio di un anno "normale") è in gran parte la naturale conseguenza della legge della Buona scuola (l.107/2015), approvata l’estate scorsa, che ha portato all’assunzione in un colpo solo di circa 90mila docenti dalle GAE. Oggi i neoassunti  della Buona scuola, al termine dell’anno di prova, devono chiedere il trasferimento, così come vuole la normativa. Ma a questi si aggiungono decine di migliaia di insegnanti di ruolo, assunti prima della legge 107 e in cattedra magari da molti anni, che nel piano di mobilità straordinaria hanno visto l’ultima occasione per scegliere con le vecchie regole (basate soprattutto sull’anzianità di servizio) direttamente una nuova scuola dove insegnare, evitando così di essere inseriti in uno dei circa 300 nuovi ambiti territoriali e sfuggendo alle nuove norme più meritocratiche che presto entreranno in vigore. Dagli ambiti territoriali, infatti, i dirigenti scolastici potranno scegliere a partire dal nuovo anno scolastico i docenti che sembrano meglio attrezzati e più adeguati – per competenze e profilo professionale – a perseguire gli obiettivi di miglioramento del proprio istituto.

Con un numero così elevato e anomalo di richieste di trasferimento non è quindi escluso che l’enorme e complesso meccanismo costruito dal Miur per gestirle – con i docenti suddivisi in diverse fasce, ordini di priorità fra le fasce e all’interno di ciascuna, distinzione fra trasferimento all’interno della stessa provincia o in altra provincia – abbia generato errori e iniquità.
Al di là, però, di questa emergenza e delle contingenti polemiche che ha scatenato, la principale causa che spiega il movimento dei docenti da Sud a Nord – scrive il direttore della Fondazione Agnelli – è strutturale e di medio-lungo periodo: le tendenze demografiche del Paese fanno sì che la popolazione scolastica stia aumentando leggermente nelle regioni del Nord (grazie al contributo dei figli dell’immigrazione straniera), mentre al Sud sia in costante diminuzione. Gli insegnanti in cerca di una cattedra sono, invece, prevalentemente nelle regioni meridionali, dove la scuola non è, però, più in grado di produrre nuovi posti di lavoro, proprio perché il numero degli studenti è in calo.

Ci si può forse aspettare che nei prossimi anni – con le nuove norme faticosamente a regime – l’entità dei trasferimenti si riduca rispetto all’emergenza di quest’anno, ma l’emigrazione degli insegnanti da Sud a Nord resterà comunque un fenomeno largamente inevitabile. Da gestire, non da demonizzare.

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