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La crisi delle iscrizioni all’università in parte si spiega con il declino delle borse di studio. In un quadro nazionale negativo, ci sono però forti differenze regionali

Dopo un forte aumento, successivo alla riforma del 3+2, le immatricolazioni universitarie hanno subito un crollo. Fra le possibili spiegazioni, vi può essere un «effetto crisi»:  negli ultimi dieci anni, infatti, il declino degli iscritti agli atenei  ha riguardato soprattutto i diplomati degli istituti tecnici  (-47%) e professionali (-44%). Esiste, dunque, un problema di accesso all’università da parte degli studenti con un background socioculturale ed economico meno favorevole, quelli che dovrebbero essere sostenuti nella propria scelta di proseguire negli studi dai benefici del diritto allo studio universitario. Ma proprio negli stessi anni, mentre in altri paesi europei (Spagna, Germania e Francia ) il diritto allo studio è stato rafforzato per fare fronte con politiche anticicliche agli effetti depressivi della crisi economica sulla partecipazione universitaria, in Italia i beneficiari di borse di studio universitarie sono diminuiti del 9%. Difficile non ipotizzare che la contrazione del diritto allo studio abbia avuto un impatto sul declino delle immatricolazioni.

Un approfondimento della Fondazione Giovanni Agnelli, curato da Stefano Molina e ripreso oggi da un servizio di La Repubblica, cerca di mettere a fuoco i principali meccanismi di questa preoccupante tendenza e individuare possibili linee per porvi rimedio.
Da un lato, esistono norme nazionali e conseguenti decisioni regionali che limitano all’origine la platea dei soggetti «idonei» alle borse, dall’altro, le risorse (che derivano da contributi statali, regionali e da una tassa  regionale sul diritto allo studio pagata dagli studenti non idonei) sono insufficienti: 510 milioni nel 2014-15. Di conseguenza, non tutti gli «idonei» riescono a beneficiare della borsa.
Peraltro – ed è questo il risultato più rilevante dello studio della Fondazione Agnelli – i dati rivelano forti differenze e divari regionali sia nella gestione degli stessi criteri di idoneità sia nella disponibilità di ciascuna Regione a finanziare il diritto allo studio sul proprio territorio. A loro volta, queste differenti scelte da parte delle Regioni portano inevitabilmente a risultati eterogenei  per quanto riguarda tanto l’effettivo numero di beneficiari di borse rispetto agli studenti teoricamente idonei  (i  tassi di copertura variano dal 100% degli idonei in circa metà delle regioni italiane al 38% per la Calabria e al 43% per la Sicilia) quanto l’ammontare medio di ciascuna borsa (da 3700 euro annui della Toscana a poco meno di 2000 euro a Trento).
In definitiva, nell’a.a. 2014-15 in Italia ha beneficiato di una borsa di studi soltanto il 12% degli studenti regolari, mentre quelli idonei erano molti di più: negli atenei di Campania e Lazio la percentuale si è fermata al 7%, mentre a Bolzano e in Basilicata ha superato il 35%.
I dati suggeriscono che gli  attuali meccanismi di finanziamento e di gestione delle borse di studio, oggi sostanzialmente gestiti dalle Regioni, presentano incongruenze, squilibri e iniquità, che andrebbero messi a fuoco e corretti.

Per favorire una ripresa delle immatricolazioni – così avvicinando il fondamentale obiettivo di aumentare la quota di laureati italiani nei prossimi anni – e per garantire più equità sul territorio e maggiore trasparenza per gli studenti, vanno aumentate le risorse pubbliche specificamente finalizzate: ad esempio, se un ammontare analogo ai 500 euro promessi dal Governo a tutti i 18enni fosse indirizzato al diritto allo studio universitario l’incremento del fondo statale sarebbe già di quasi 300 milioni.
Ma vanno anche ripensati i meccanismi che oggi regolano l’erogazione delle borse di studio. Il nuovo sistema di finanziamento previsto per gli atenei (da spesa storica a costo standard) potrebbe favorire una gestione decentrata delle borse di studio da parte degli atenei stessi, che avrebbero maggiori incentivi a una gestione più efficace delle borse di studio che porti a una nuova espansione delle immatricolazioni.

Scarica qui sotto  l’articolo di La Repubblica e il documento di ricerca.