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Un contributo al nuovo Rapporto biennale di Confindustria su capitale umano e capitale sociale

Poche migliaia venti anni fa; un milione e mezzo oggi. Sulla scena socio-demografica dell’Italia il peso delle seconde generazioni, ossia della popolazione formata dai figli dell’immigrazione, è cresciuto in modo straordinario. Come straordinaria è stata la crescita recente della presenza dei figli dell’immigrazione sui banchi di scuola.

In un contributo preparato per il Rapporto e per il Convegno Biennale del Centro Studi Confindustria, che si è svolto a Bari il 28-29 marzo 2014, ora pubblicato nel  volume People First. Il capitale sociale e umano: la forza del Paese, 2014, edito dalla società S.I.P.I. e riprodotto sul nostro sito per espressa autorizzazione dell’editore, Stefano Molina (Fondazione Agnelli), ricostruisce i passaggi salienti del processo di integrazione dei figli degli immigrati, sulla base di dati aggiornati.
Un’integrazione che sta procedendo – come sempre avviene per i fenomeni complessi – tra luci e ombre. In positivo, abbiamo la capacità della scuola italiana di dimostrarsi realmente aperta e inclusiva. La pacifica irruzione da parte di centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze di origine immigrata nelle aule scolastiche non ha trovato veri e propri ostacoli di natura giuridica, né eccessive ritrosie di matrice culturale, ma anzi ha provocato una mobilitazione da parte di migliaia di docenti che si sono impegnati in compiti per loro inediti e per i quali non erano stati preparati.

Emergono, in ogni caso, alcuni grossi nodi problematici. In primo luogo, la carriera scolastica di uno studente straniero tende a essere sfasata – ossia in ritardo – di uno o più anni rispetto a quella prevista per uno studente italiano. Il ritardo dei figli degli immigrati è inoltre consistente anche sul piano degli apprendimenti: si dimostrano significative differenze a seconda del luogo di nascita e del tipo di materie e, inoltre, rispetto agli italiani rivelano dunque una minore propensione alla prosecuzione degli studi. Ed è in paticolare su queste due questioni che, nelle conclusioni, il contributo offre alcune indicazioni di
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